La famiglia Quintieri giunge in Calabria sin dalle prime occupazioni spagnole. Dati inconfutabili rinvenuti nei libri parrocchiali di Paterno Calabro ( Cs), testimoniano la presenza della famiglia nel Comune, attorno alla metà del 1500.
( nella foto in apertura il barone Giovanni Paolo Quintieri con il «Ritratto di gentiluomo a mezzo busto» dipinto nel 1635 da Rembrandt. Fonte della foto: "Il Mattino" )
I Quintieri si stabiliscono successivamente a Carolei dove, data la loro enorme ricchezza, godono delle compiacenze dei Borbone di cui godranno i favori fino alla proclamazione del Regno d’Italia.
Il casato incrementa i propri averi e le proprie fortune, acquisendo un invidiabile patrimonio fondiario e avviando importanti aziende agricole.
La liquidità a loro disposizione li colloca nelle avanguardie del mondo della finanza e li porta a definire operazioni di investimento altamente redditizie.
La famiglia Quintieri annovera parlamentari, amministratori locali e provinciali, professionisti, proprietari terrieri e latifondisti.
Quinto Quintieri fu Ministro del Tesoro e Ministro delle Finanze nel secondo Governo Badoglio e deputato alla Costituente, VicePresidente Confindustria e Presidente della Banca di Calabria. Deputato della Costituente ( 1946 - 1948) fu anche Adolfo Quintieri che venne eletto anche nella Prima legislatura della Repubblica e che fu Sindaco di Cosenza dal 10 aprile 1946 al 23 febbraio 1948.
E fra i numerosi esponenti della famiglia che riescono a conquistare ruoli di rilievo politico anche Angelo Quintieri che ascende al seggio parlamentare per sei legislature.
Dal matrimonio di Angelo Quintieri con la nobildonna Evelina Casalis, nacque a Torino l'1 luglio 1899 Giovanni Paolo Quintieri che alla morte del padre nel 1923 ereditò tutti i beni.
Giovanni Paolo Quintieri, uomo buono e grande mecenate e collezionista d'arte, cessò di vivere a Rapallo il 18 agosto del 1970, all'età di 71 anni.
Non ebbe figli e decise di lasciare tutto il suo immenso patrimonio al Patronato Regina Margherita – Istituto “P.Colosimo” pro-ciechi di Napoli.
Istituto per il quale la madre Evelina Casalis aveva profuso energie e soldi per i non vedenti che vivevano nell'Istituto.
E per lascito testamentario il patrimonio ereditario venne assorbito dal Patronato Regina Margherita pro ciechi Istituto "Paolo Colosimo".
Fin quando con il D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 si sanciva la soppressione dell'Istituto pro ciechi Paolo Colosimo e tutti i suoi beni, passarono sotto l’egida della Regione Campania.

Il barone Giovanni Paolo Quintieri
Un patrimonio quello dell'Istituto Colosimo che comprende beni dall'inestimabile valore.
A Roma, in via Panama 77 – 79 nel cuore del blasonato quartiere dei Parioli, un prestigioso e grande edificio, costituito da quattro palazzine disposte a quadrato intorno a un cortile centrale. Complesso realizzato da Mario Tufaroli Luciano, nel 1935, per conto del barone Quintieri con ben 52 appartamenti e caratterizzato da particolari scale di servizio, realizzate a chiocciola nel cortile interno.
Un Castello medievale già appartenuto alle famiglie Colonna, Orsini e Rospigliosi, con intorno una vastissima tenuta agricola di ben 900 ettari, a una trentina di chilometri da Roma, località Passerano.
Una seconda tenuta agricola di 160 ettari, sempre con relativo castello, nelle Marche, a Montecoriolano, nei pressi di Porto Potenza Picena, per non parlare degli arredamenti e delle suppellettili di enorme valore contenute nelle tante dimore possedute.
Addirittura per redigere l'inventario da parte della Regione di tutti i beni si deve attendere il 1996 quando a governare la Campania era Antonio Rastrelli e a volere l'inventario fu il compianto Antonio Franco Girfatti, deceduto nel 2017, che dal 1995 al 1999 rivestì l'incarico di Vicepresidente della Regione Campania e fra le deleghe gestite anche quelle del bilancio e del patrimonio.
Lo stesso Antonio Franco Girfatti in una intervista che venne pubblicata su "Il Mattino" il 27 gennaio 2015 affermò che da assessore al bilancio impegnato nel tagliare le spese notò dei "pagamenti che facevamo ogni mese - afferma Girfatti nell'intervista a cura della giornalista Maria Chiara Ausilio - per conto della Regione per due cassette di sicurezza in una banca napoletana e per una enorme camera blindata in una banca romana".
"Nessuno ne sapeva nulla e quindi era necessario andare ad aprire e vedere e - continua Girfatti nell'intervista - con due notai, alcuni dirigenti regionali e un giornalista aprimmo quella porta".
"Quando aprimmo quella porta non potevamo credere ai nostri occhi. Un patrimonio enorme.
E non sapevamo ancora che in realtà si trattava solo di una parte perchè il resto dovevamo scoprirlo" "C'era il Rembrandt. Fu uno dei primi oggetti che feci inventariare. Un quadro dal valore inestimabile".
Il riferimento è al celebre quadro «Ritratto di gentiluomo a mezzo busto» dipinto nel 1635 dal famosissimo pittore olandese.
E nell'inventario voluto da Girfatti , composto da ben 765 voci, si trova di tutto.
Dai Vasi cinesi ai Lampadari di Murano, da inestimabili tappeti persiani a candelabri d'argento. ai tanti Salotti d’epoca ma soprattutto tantissimi quadri, la vera passione da collezionista del barone Giovanni Paolo Quintieri.
Quadri di artisti di altissimo livello, Domenico Bartolomeo Ubaldini, detto Il Puligo, di Andrea Vaccaro. Giacinto Diano. Francesco De Mura. Gaetano Gandolfi. Peter Roos, alias Rosa da Tivoli. Pacecco De Rosa. Giovanni Francesco Barbieri, detto Il Guercino. Jusepe de Ribera, detto Lo Spagnoletto, oltre al Rembrandt, già citato.
Il testamento del barone Quintieri stabiliva che il lascito del patrimonio doveva essere utilizzato per mantenere il Colosimo e i suoi ospiti non vedenti, ma non stabiliva come l'immenso patrimonio doveva essere amministrato.

Il castello Mediovale di Passerano nel comune di Gallicano nel Lazio ( città metropolitana di Roma)
Ed in merito all'amministrazione dei beni lasciati in eredità è necessario risalire al 1934 quando Giovanni Paolo Quintieri acquistò in Roma alla via Panama, una frazione di terreno ex villa Ada De Heritz ed iniziò nel 1935 la costruzione di un complesso immobiliare ancora esistente per la gestione del quale creò la Sauie, “Società Anonima Urbana Industria Edilizia”
La Sauie fu quindi costituita per l’amministrazione dell'ingente patrimonio immobiliare già citato di Via Panama a Roma.
Oggi la Sauie Srl, si legge nel suo sito ufficiale "è una società interamente partecipata dalla Regione Campania ed ha come oggetto sociale la gestione del patrimonio proprio e di parte del patrimonio dell’Istituto “P. Colosimo” pro-ciechi di Napoli.
La “Società Anonima Urbana, Industria e Edilizia”, oggi Sauie s.r.l., fu costituita nell’anno 1934 dal Barone Giovanni Paolo Quintieri per l’amministrazione del proprio patrimonio immobiliare costituito da un edificio in Roma, alla via Panama n. 77/79.
Alla sua morte, avvenuta nel 1970, il Barone Quintieri ha donato il suo patrimonio, compresa la Sauie s.r.l., al Patronato Regina Margherita – Istituto “P.Colosimo” pro-ciechi di Napoli che, successivamente soppresso dal D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, è stato trasferito, con tutti i beni, alla Regione Campania".
Società ad oggi posta in liquidazione con la nomina del liquidatore nel 2023 con apposito atto notarile.
E sulla gestione da parte della Regione di questa ricchissima società nei primi anni 2000 inizia una giusta battaglia Salvatore Ronghi, che ha rivestito il ruolo di consigliere regionale della Regione Campania per ben tre legislature,
Il consigliere Ronghi denuncia il fatto che l'Istituto per i non vedenti ha ricevuto dal 1979 ai primi anni 2000, quindi per più di un ventennio solo 600 milioni di lire l'anno, briciole rispetto al patrimonio donatogli dal barone.
E addirittura tali cifre sono state versate dagli enti locali e non dai proventi dell'eredità Quintieri.
Salvatore Ronghi chiede di conoscere come sono gestite le aziende e i beni dell'immensa eredità citando numerosi casi di gestione a dir poco discutibile.
Ma la battaglia di Salvatore Ronghi continua anche da Presidente di Sud Protagonista e nell'ottobre 2024 su "Ilmattino.it" viene pubblicato un articolo dal titolo più che eloquente "Paolo Colosimo di Napoli, via a smantellamento: Giù le mani dall'eredità Quintieri".
Articolo nel quale Salvatori Ronghi afferma la ripartenza della "strategia per lo smantellamento e la polverizzazione del Colosimo e dei beni lasciati in eredità dal barone Paolo Quintieri, probabilmente a vantaggio di terzi e di interessi che nulla hanno a che vedere con la loro cura ed integrazione sociale".
Battaglia condotta insieme alla consigliera regionale Marì Muscarà del gruppo misto.
"Ho iniziato questa importante battaglia in difesa dell'istituto nelle legislature in cui ho ricoperto la carica di consigliere regionale - afferma Ronghi al Mattino.it - ed intendo rilanciarla insieme alla Muscarà per richiamare la Regione che si occupa della gestione dell'Istituto attraverso la Sauie, attualmente posta in liquidazione, al rispetto dello spirito sociale e solidaristico dello stesso e a fermare ogni ipotesi di concessioni esterne e di svendita dei beni che Quintieri destinò al Colosimo perle persone non vedenti".
Questa la storia dell'immensa eredità del barone Quintieri.

Ulteriore veduta dell'imponente e maestoso Castello di Passerano
Deve anche essere sottolineato che giustamente nel 2002 la famiglia del barone Quintieri ha aperto un contenzioso giudiziario nei confronti dell'amministrazione regionale campana per l'inadempienza dimostrata dalla stessa nel non aver realizzato il desiderio del barone Quintieri che aveva vincolato la gestione dei beni esclusivamente a favore dell'Istituto Colosimo.
E nel rispettare la volontà dei familiari nel non esprimersi sul contenzioso e confermando la volontà di non riprendersi nulla ma solo di realizzare il desiderio del compianto barone non è il caso di addentrarsi in tale questione strettamente giuridica.
Aveva ragione Giorgio Almirante quando nel 1970 nel dibattito alla camera sulla nascita delle Regioni si oppose fermamente affermando che la creazione delle Regioni "avrebbe inevitabilmente creato una nuova classe politica famelica e legata al potere".
Ma il barone Giovanni Paolo Quintieri non poteva certo prevedere quando scrisse il suo testamento che l'Istituto Colosimo potesse passare nelle mani della Regione Campania e quindi della politica.
Quando perfezionò il suo testamento pensò all'amore e alla dedizione della sua amatissima madre verso gli ospiti non vedenti che vivevano nell'Istituto e pensò di devolvere il suo immenso patrimonio in atti di beneficenza e per il bene di persone bisognose.
Ai suoi tempi le Regioni ancora non esistevano e se avesse avuto in vita il minimo sospetto che tutto potesse finire nelle mani dei politici molto probabilmente avrebbe effettuato altre scelte.
Redazione
