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Il grande maestro del giornalismo, Indro Montanelli, amava ripetere in più occasioni che "il giornalismo è tale se assolve al compito di essere il cane da guardia della democrazia".

Ma negli ultimi tempi il giornalismo d'inchiesta e di denuncia vive un momento a dir poco tragico. Infatti le poche voci ancora libere che cercano di denunciare il potere e i potenti subiscono di tutto e di più.

Esemplare del periodo nero vissuto dalla libertà di stampa è la vicenda nella quale sono coinvolti i tre giornalisti del quotidiano "Domani" che formano il team investigativo della testata.

Si tratta di Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine.

Riportiamo l'incipit dell'articolo pubblicato sul quotidiano "Domani" e co-firmato dai tre giornalisti.

Giovanni Tizian , giornalista d'inchiesta al quotidiano "Domani"

"Vietato disturbare il potere. Indagati i cronisti di Domani. Vietato pubblicare notizie riservate sul ministro della Difesa Guido Crosetto, sui finanziamenti illeciti ai partiti, sul riciclaggio di mafiosi e lobbisti.

Il rischio è passare non da giornalisti d’inchiesta, ma da avvelenatori di pozzi.

Un monito a Domani e a tutta la categoria dei giornalisti.

Questo emerge se ci affidiamo alla lettura delle carte dell’inchiesta della procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, in cui sono indagati il magistrato Antonio Laudati e l’ufficiale della guardia di finanza Pasquale Striano, entrambi destinatari di un avviso a comparire per l’interrogatorio da rendere in una fase che è ancora di indagini preliminari.

Striano per il momento si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre Laudati lo farà.

Tra gli indagati, indicati negli atti, troviamo tutto il team investigativo del nostro quotidiano, Domani: il responsabile del team, Giovanni Tizian, l’inviato Nello Trocchia e il collaboratore Stefano Vergine (che co-firmano questo articolo).

Tutti e tre risultano indagati, anche se al momento ancora non hanno ricevuto nessun avviso di garanzia. Nelle carte sono citati, ma non sono indagati, anche il direttore Emiliano Fittipaldi per gli articoli scritti due anni fa insieme a Tizian sui compensi ricevuti dal ministro Crosetto da Leonardo prima di entrare nell’esecutivo, e Federico Marconi per un articolo su una speculazione edilizia.

I reati che Tizian, Trocchia e Vergine avrebbero commesso sono accesso abusivo a sistema informatico, in concorso con l’ufficiale Striano, e rivelazione di segreto.

Per l’accusa il finanziere avrebbe inviato ai tre giornalisti documenti estratti dalla banca dati Sidda-Sidna, il sistema informatico utilizzato dalla direzione nazionale e dalle direzioni distrettuali antimafia.

Gli invii coprirebbero un arco temporale di tre anni e mezzo, dal maggio 2018 all’ottobre del 2022.

Dalle contestazioni della procura non è chiaro il contenuto di tutti i documenti che Striano avrebbe inviato per e-mail, utilizzando l’applicazione WeTransfer, ai tre giornalisti.

Spuntano solo alcune indicazioni, nell’intestazione dei documenti o nel messaggio inviato dal finanziere della direzione nazionale antimafia: ci sono i nomi di atti giudiziari di alcuni politici (protagonisti di casi giudiziari o sospettati di vicinanza ad ambienti criminali), ma i più riguardano esponenti delle più pericolose organizzazioni criminali del paese, collegate al mondo della politica e dell’imprenditoria, o al traffico internazionale di stupefacenti.

O informazioni relative ad alcuni degli appalti del periodo più duro della pandemia di Covid-19, finite anche nelle indagini di diverse procure nazionali. Non c’è traccia di invii delle ricerche effettuate da Striano di informazioni finanziarie, relative alle dichiarazioni dei redditi o ai conti bancari di politici e imprenditori, o segnalazioni di operazioni sospette, come paventato ieri da alcuni giornali nazionali.

Nelle informazioni che Striano avrebbe mandato ai giornalisti, quindi, non c’è nessun «dossier su politici e vip» ma solamente documenti agli atti delle procure: ordinanze di custodia cautelare e informative delle forze dell’ordine già disponibili ai magistrati inquirenti e alle difese.

Questo dicono le carte dell’inchiesta. I giornalisti del pool inchieste di Domani sarebbero quindi colpevoli, è la tesi dei pm, di aver pubblicato notizie. False? No. Vere, naturalmente, e che hanno dato parecchio fastidio ai governi di tutti i colori politici, incluso quello in carica, l’esecutivo di Giorgia Meloni".

E riportiamo anche un articolo nel quale si evidenzia la storia e l'impegno dei tre giornalisti nel denunciare il malaffare, la corruzione e gli intrecci fra lobby di potere e criminalità.

"Giovanni Tizian ha iniziato alla Gazzetta di Modena dove ha scoperto un giro d’affari che chiamava in causa la ‘ndrangheta.

Tizian ha deciso di combattere la malavita scrivendo inchieste, finisce sotto scorta, le sue indagini provocano un terremoto giudiziario che travolge imprenditori, faccendieri e boss.

In un’intercettazione uno degli arrestati diceva: «Dobbiamo sparargli in bocca». Passa all’Espresso dove realizza scoop su mafia e malapolitica. Uno, quello sul Metropol e il Russiagate, lo firma con Stefano Vergine. 

Vergine è specializzato su temi di economia e finanza. Ha lavorato per testate nazionali e per la Bbc, Rai, Rsi. Panama Papers, una delle inchieste a cui ha contribuito, è stata premiata con il Pulitzer nel 2017.

Oggi Vergine è collaboratore di Domani. 

L’ultimo indagato è Nello Trocchia, inviato del nostro giornale, autore dello scoop sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e di inchieste sui traffici illeciti di rifiuti e la malavita, da Matteo Messina Denaro ai Casamonica.

Ha scritto per il Fatto e l’Espresso, lavorato in tv, ha ancora una vigilanza per le periodiche minacce che ha subito, nel 2015 il fratello di un boss intercettato diceva: «Sappiamo dove sta, gli dobbiamo spaccare la testa".

La redazione de  "LaVoceRomana.it" esprimono la loro solidarietà ai giornalisti Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine.

Giornalisti con la "G" maiuscola per come affermava con coraggio il giovane cronista de "Il Mattino", Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra per il coraggio della verità.

Quella verità che il potere vuole occultare in una democrazia, quella del nostro Paese, sempre meno democrazia e sempre più oligarchia, sempre più opprimente, sempre più lesiva della libertà.

Redazione

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